” L A C R O C E F I S S I O N E “
“Io, nel vedere quest’uomo che muore, Madre, io provo dolore.
Nella pietà che non cede al rancore, Madre, ho imparato l’amore”.
Il Testamento di Tito. Fabrizio De André.
L’opera scultorica – la Crocifissione dell’artista Mario Piccinni, eseguita in terracotta – la figura del Cristo; e il legno, la croce, su cui viene giustiziato il figlio di Dio, assumono un significato innovativo e originale.
La scultura possiamo ascriverla, a pieno titolo, nell’iconografia del Cristo Dolens: sculture, affreschi, pitture che da Giotto in poi cambiano la rappresentazione del Cristo in croce, nelle quali viene esaltato un realismo anatomico, una sofferenza e un dolore accentuato, straziante, a differenza dei Cristi trionfanti di epoca medievale.
Nella piccola scultura, che è un gioiellino, l’artista salentino coglie con estrema precisione e crudezza questo sentimento di efferatezza. Il Cristo sembra solo, spoglio, contro la barbarie che gli viene perpetrata dai suoi aguzzini; una croce “povera” che ricorda una Crocifissione di Antonello da Messina. E’ curioso che nella posizione del Cristo ci siano dei riferimenti sempre allo stesso Antonello da Messina, soprattutto riguardo i movimenti e la gestualità che assumono i due ladroni, Tito e Timaco.
L’artista crea una Crocifissione originale, fa coincidere l’angosciante dolore con lo slancio della Resurrezione: infatti, il Cristo sembra resuscitare sulla Croce stessa; il suo martirio, la sua morte, la sua temporanea sconfitta, diventano anche la sua Resurrezione. Il movimento che il Cristo ha è, inequivocabilmente, di vittoria sulla morte: questo slancio che l’artista Piccinni accentua con un movimento a fionda sottolinea che “Amor Vincit Omnia”.
Lancinante dolore, terribile pena, inconsolabile tragedia e, allo stesso tempo, una carica vitale e spirituale immensa; un cristo, che, paradossalmente, dall’ultimo rantolo di vita trae la forza per insegnare ai mortali l’eternità.
Nell’insieme di sentimenti di rassegnazione, di sgomento, di impotenza – da una parte – con sentimenti di forza e di potenza dall’altra, si rivela il grande personaggio storico e il suo verbo. È nella Crocifissione che si celebra il momento più alto di Gesù di Nazareth: nell’istante della sua fine c’è la sua consacrazione verso l’infinito temporale e spirituale. Nel capo chino del Messia e nel movimento ecoidale si concentra la massima latina “Bonum ex malo”: dal male il bene; dalla fine, l’inizio.
Piccinni sintetizza tutto in un unico personaggio; possiamo parlare di Una Resurrezione in Croce, di una volontà a negarsi alla morte; elementi umani e terreni si uniscono in una rivelazione. Una Crocifisssione che unisce la morte terrena, lo spirare di un uomo con la sublimazione spirituale. È una Crocifissione contemporaneamente dentro e fuori del tempo della percezione, spirituale ed emotiva.
La folta capigliatura nasconde il volto graffiato e sfregiato di Gesù, e ci porta a riflettere su quanto la sofferenza umana sia presente nella società contemporanea: quella degli ultimi, degli emarginati, degli esclusi, dei diseredati.
Il volto nascosto dalla chioma può essere simbolo di dolore, di grandi disagi che sono presenti nella societá e sempre più diffusi, ma che la società ipocritamente nasconde. Lo slancio che ci dà la Crocifissione di Piccinni diventa anche un importante insegnamento: i colpevoli, i responsabili, i deprecabili sono coloro che, giornalmente, inchiodano gli indifesi e i poveri cristi, e non invece chi viene crocifisso o additato ingiustamente.








